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La chiave d'oro

A Santa Margheritanella casina del Canonico stavano recitando il SantoRosariodopo cenaquando all'improvviso si udì una schioppettata nella notte.
Il canonico allibìcolla coroncina tuttora in manoe le donne si fecero lacrocetendendo le orecchiementre i cani nel cortile abbaiavano furiosamente.Quasi subito rimbombò un'altra schioppettata di risposta nel vallone sotto laRocca.
- Gesù e Mariache sarà mai? - esclamò la fantesca sull'uscio della cucina.
- Zitti tutti! - esclamò il Canonicopallido come il berretto da notte. -Lasciatemi sentire -.
E si mise dietro l'imposta della finestra. I cani si erano chetatie fuori siudiva il vento nel vallone. A un tratto riprese l'abbaiare più forte di primae in mezzoa brevi intervallisi udì bussare al portone con un sasso.
- Non apritenon aprite a nessuno! - gridava il Canonicocorrendo a prenderela carabina al capezzale del lettosotto il crocifisso. Le mani gli tremavano.Poiin mezzo al baccanosi udì gridare dietro al portone: - ApritesignorCanonico; son ioSurfareddu! - E come finalmente il fattore del pianterrenoescì a chetare i cani e a tirare le spranghe del portoneentrò il camparoSurfaredduscuro in viso e con lo schioppo ancora caldo in mano.
- Che c'è Grippino? cos'è successo? - chiese il Canonico spaventato.
- C'èvossignoriache mentre voi dormite e riposateio arrischio la pelleper guardarvi la roba - rispose Surfareddu.
E raccontò cos'era successoin piedisull'usciodondolandosi alla suamaniera. Non poteva pigliar sonnodal gran caldoe s'era messo un momentosull'uscio della capannadi làsul poggettoquando aveva udito rumorenelvallonedove era il fruttetoun rumore come le sue orecchie sole loconoscevanoe la Bellinauna cagnaccia spelata e macilenta che gli stava allecalcagna. Bacchiavano nel frutteto arance e altre frutta; un fruscìo che non fail vento; e poi ad intervalli silenziomentre empivano i sacchi. Allora avevapreso lo schioppo d'accanto all'uscio della capannaquel vecchio schioppo apietra con la canna lunga e i pezzi d'ottone che aveva in mano. Quando si diceil destino! Perché quella era l'ultima notte che doveva stare a SantaMargherita. S'era licenziato a Pasqua dal Canonicod'amore e di accordoe l'1settembre doveva andare dal padrone nuovoin quel di Vizzini. Giusto il giornoavanti s'era fatta la consegna di ogni cosa col Canonico. Ed era l'ultimo diagosto: una notte buia e senza stelle. Bellina andava avanticol naso al ventozittacome l'aveva insegnata lui. Egli camminava adagio adagiolevando i piedialti nel fieno perché non si udisse il fruscìo. E la cagna si voltava ad ognidieci passi per vedere se la seguiva. Quando furono al vallonedisse piano aBellina: - Dietro! - E si mise al riparo di un noce grosso. Poi diede la voce: -Ehi!...-
Una voceDio liberi! - diceva il Canonico - che faceva accapponar la pellequando si udiva da Surfaredduun uomo che nella sua professione di camparoaveva fatto più di un omicidio. - Allora - rispose Surfareddu - allora mispararono addosso a bruciapelo - panf! - Per fortuna che risposi al lampo dellafucilata. Erano in tree udii gridare. Andate a vedere nel fruttetoche il miouomo dev'esserci rimasto.
- Ah! cos'hai fatto scellerato! - esclamava il Canonicomentre le donnestrillavano fra di loro. - Ora verranno il giudice e gli sbirrie mi lascinell'imbroglio!
- Questo è il ringraziamento che mi fatevossignoria? - rispose bruscoSurfareddu. - Se aspettavano a rubarvi sinché io me ne fossi andato dal vostroservizioera meglio anche per meche non ci avrei avuto quest'altro che direcon la giustizia.
- Ora vattene ai Grillie di' al fattore che ti mando io. Domani poi ci avraiil tuo bisogno. Ma che nessuno ti vedaper l'amor di Dioora ch'è tempo difichidindiae la gente è tutta per quelle balze. Chissà quanto mi costeràquesta faccenda; che sarebbe stato meglio tu avessi chiuso gli occhi.
- Ah nosignor Canonico! Finché sto al vostro serviziosfregi di questa fattanon ne soffre Surfareddu! Loro lo sapevano che fino al 31 agosto il custode delvostro podere ero io. Tanto peggio per loro! La mia polvere non la butto viano! -
E se ne andò con lo schioppo in spalla e la Bellina dietroch'era ancor buio.Nella casina di Santa Margherita non si chiuse più occhio quella nottepeltimore dei ladri e il pensiero di quell'uomo steso a terra lì nel frutteto. Agiorno chiaroquando cominciarono a vedersi dei viandanti sulla viottoladirimpettonella Roccail Canonicoarmato sino ai denti e con tutti icontadini dietrosi arrischiò ad andare a vedere quel ch'era stato. Le donnestrillavano:
- Non andatevossignoria! -
Ma appena fuori del cortile si trovarono fra i piedi Luiginoche erasgattajolato fra la gente.
- Portate via questo ragazzo - gridò lo zio canonico. - No! voglio andare avedere anche io! - strillava costui. E dopofinché vissegli rimase impressoin mente lo spettacolo che aveva avuto sotto gli occhi così piccolo.
Era nel fruttetofatti pochi passisotto un vecchio ulivo malatosteso aterrae col naso color fuligine dei moribondi. S'era trascinato carponi su diun mucchio di sacchi vuoti ed era rimasto lì tutta la notte. I suoi compagninel fuggire s'erano portati via i sacchi pieni. Lì presso c'era un tratto diterra smossa colle unghie e tutta nera di sangue.
- Ah! signor canonico - biascicò il moribondo. - Per quattro ulive m'hannoammazzato! -
Il canonico diede l'assoluzione. Posciaverso mezzogiornoarrivò il Giudicecon la forzae voleva prendersela col Canonicoe legarlo come un mascalzone.Per fortuna che c'erano tutti i contadini e il fattore con la famigliatestimoni. Nondimeno il Giudice si sfogò contro quel servo di Dio che era unaspecie di barone antico per le prepotenzee teneva al suo servizio degli uominicome Surfareddu per camparie faceva ammazzar la gente per quattro ulive.Voleva consegnato l'assassino morto o vivoe il Canonico giurava e spergiuravache non ne capiva nulla.
Tanto che un altro po' il Giudice lo dichiarava complice e mandantee lo facevalegare ugualmente dagli sbirri. Così gridavano e andavano e venivano sotto gliaranci del fruttetomentre il medico e il cancelliere facevano il loro ufficiodinanzi al morto steso sui sacchi vuoti. Poi misero la tavola all'ombra delfruttetopel caldo che facevae le donne indussero il signor Giudice aprendere un boccone perché cominciava a farsi tardi. La fantesca si sbracciò:maccheroniintingoli d'ogni sortae le signore stesse si misero in quattroperché la tavola non sfigurasse in quell'occasione. Il signor Giudice se neleccò le dita. Dopoil cancelliere rimosse un po' la tovaglia da una puntaestese in fretta dieci righe di verbalecon la firma dei testimoni e ogni cosamentre il Giudice pigliava il caffè fatto apposta con la macchinae icontadini guardavano da lontanomezzo nascosti fra gli aranci. Infine ilCanonico andò a prendere con le sue mani una bottiglia di moscadello vecchioche avrebbe risuscitato un morto.
Quell'altro intanto l'avevano sotterrato alla meglio sotto il vecchio ulivomalato. Nell'andarsene il Giudice gradì un fascio di fiori dalle signorechefecero mettere nelle bisacce della mula del cancelliere due bei panieri difrutta scelte; e il Canonico li accompagnò sino al limite del podere.
Il giorno dopo venne un messo del Mandamento a dire che il signor Giudice aveapersa nel frutteto la chiavetta dell'orologioe che la cercassero bene chedoveva esserci di certo.
- Datemi due giorni di tempoche la troveremo - fece rispondere il Canonico. Escrisse subito ad un amico di Caltagirone perché gli comprasse una chiavettad'orologio. Una bella chiave d'oro che gli costò due onzee la mandò alsignor Giudice dicendo:
- È questa la chiavetta che ha smarrito il signor Giudice?
- È questasissignore - rispose lui: e il processo andò liscio per la suastradatantoché sopravvenne il 60e Surfareddu tornò a fare il camparo dopol'indulto di Garibaldisin che si fece ammazzare a sassate in una rissa con deicampari per certa quistione di pascolo. E il Canonicoquando tornava a parlaredi tutti i casi di quella notte che gli aveva dato tanto da farediceva aproposito del Giudice d'allora:
- Fu un galantuomo! Perché invece di perdere la sola chiavettaavrebbe potutofarmi cercare anche l'orologio e la catena -.
Nel fruttetosotto l'albero vecchio dove è sepolto il ladro delle ulivevengono cavoli grossi come teste di bambini.